Che cos'è l'obesità?
L'obesità è la condizione clinica caratterizzata da un eccesso di tessuto adiposo (grasso). Al pari della febbre è considerata un sintomo piuttosto che una malattia vera e propria. Fino a certi livelli di sovrappeso tale patologia è considerata un semplice rapporto errato tra introduzione di calorie e la loro dispersione.
Essendo però implicati nella sua insorgenza e mantenimento nel tempo anche fattori ambientali, psicologici, sociali, culturali, genetici e ormonali, affrontare e risolvere tale condizione è sicuramente complesso. Infatti ciò che nell'evoluzione si era sviluppato come un ottimo metodo per conservare l’energia in eccesso sotto forma di grassi, per poi utilizzarla al bisogno, permettendo così di sopravvivere al digiuno, si sta trasformando in malattia “da accumulo di grasso”, assumendo i connotati di un’autentica epidemia globale (globesity) con dati in allarmante aumento in tutto il mondo.
Quanti sono gli obesi?
L'International Obesity Task Force, indica in oltre 1 miliardo le persone adulte in sovrappeso e circa 310 milioni quelle obese con predominanza per i paesi economicamente sviluppati e virtuale assenza nelle nazioni sottosviluppate. In Europa la prevalenza dell’obesità è aumentata di tre volte negli ultimi 20 anni e si calcola che raddoppierà nei prossimi 30 se non si interviene efficacemente.
In Italia, vi sono, attualmente, circa 16,5 milioni di soggetti in sovrappeso e circa 5,5 milioni di pazienti obesi.
Sulla base dei dati PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) relativi al quadriennio 2009-2012, si stima che in Abruzzo, una quota rilevante (42%) degli adulti tra i 18 e i 69 anni presenti un eccesso ponderale: in particolare il 32% é in sovrappeso e il 10% è obeso. La stima rilevata corrisponde in Regione a circa 280.000 persone adulte in sovrappeso e 88.000 obese. La prevalenza delle persone in eccesso ponderale nelle singole ASL abruzzesi è la seguente:
- ASL L’Aquila: 48%
- ASL Lanciano Vasto Chieti: 48%
- ASL Teramo: 42%
- ASL Pescara: 38%
con una media regionale del 42%
Come si misura l'obesità?
Impropriamente, spesso, si parla solo dell'aumento del peso corporeo per identificare i soggetti patologici. In realtà non è solamente il semplice dato numerico dei chili che identifica l’obeso e infatti sono state ideate numerose altre misure per inquadrare l'obesità. Fra questi il più conosciuto e usato è l'indice di massa corporea (IMC, in inglese BMI, body mass index), calcolato dividendo il peso corporeo in kg per il quadrato dell'altezza in metri. A determinati valori corrispondono diversi gradi di obesità.
Per una completa valutazione del grado di obesità al B.M.I. va aggiunto il calcolo del peso ideale, secondo il metodo di Keys:
- per i maschi = (altezza in m)2 x 22,1
- per le femmine = (altezza in m)2 x 20,6
Di conseguenza:
eccesso di peso in kg = peso attuale in kg – peso ideale in kg.
Ha grande importanza in questo contesto, anche la diversa localizzazione del grasso. Il grasso intraddominale e addominale sottocutaneo ha più importanza del grasso sui glutei o sulle gambe. Anche in questo caso ci viene in aiuto un nuovo "numero" che indentifica nella rapporto vita/fianchi un fattore altamente predittivo; infatti un rapporto v/f >0.9 nelle donne e >1 nei maschi è considerato patologico, (in ogni caso valori di giro vita > 102 cm nei maschi e >88 nelle femmine).
Quand'è che un soggetto si può definire obeso?
Un soggetto si può definire obeso quando il suo peso corporeo supera di circa 20 kg il suo peso ideale, ovvero il 30% di quello ideale, mentre l'obesità è considerata grave quando il peso corporeo supera del 60% quello ideale, ovvero di circa 40 kg quello ideale.
Quali sono le cause dell'obesità?
Nonostante le cause dell'obesità siano ancora poco chiare, è scontato che uno stile di vita sedentario e l'assunzione di calorie in eccesso, uniti a fattori genetici, danni ipotalamici, squilibri endocrini, manipolazioni nutrizionali o disturbi emotivi, giochino un ruolo importante per la genesi di tale patologia.
In altri termini possiamo definire l'obesità come "il risultato di uno squilibrio energetico": l'introito energetico totale è in eccesso rispetto alla spesa energetica dell'organismo stesso e le calorie in sovrappiù vengono immagazzinate sotto forma di trigliceridi nel tessuto adiposo, che rappresenta il principale deposito di energia dell'organismo, con conseguente aumento di dimensioni del deposito di grasso e del peso corporeo.
Nella gran maggioranza dei pazienti obesi il fattore scatenante primario sembra essere quindi l'ipernutrizione e la vita sedentaria.
Possiamo, infine, dividere le cause dell’obesità in due grandi gruppi: una forma essenziale, con una prevalenza di oltre il 95%, e una forma secondaria, prevalenza 5%. Alla forma essenziale appartengono l’assetto genetico e l’influenza dell’ambiente mentre a quella secondaria le forme genetiche, le malattie endocrine, l’obesità da farmaci, le forme associate a fattori legati al sistema nervoso, disturbi emotivi.
Quali sono le conseguenze dell'obesità?
Possiamo affermare che l’obesità comporta enormi conseguenze, con un importante impatto sociale, visto che tale patologia comporta, a vario titolo, uno scadimento della qualità della vita a seguito dello sviluppo di numerose malattie associate, da cui un'aumentata mortalità. Infatti il rischio di mortalità a breve termine (5-10 anni) è almeno doppio rispetto alla popolazione normale, in entrambi i sessi, con 52000 decessi /anno (dati Istituto Superiore di Sanità) infinitamente superiori ai decessi per: AIDS ultimi 3 anni non più di 100/anno (Istituto Superiore di Sanità); alcool 20000/anno (Istituto Superiore Sanità); incidenti stradali 3800/anno (dati ISTAT).
Sindrome metabolica
Il termine “sindrome metabolica” decrive un insieme di fattori di rischio che aumentano la possibilità di sviluppare malattie cardiache, ictus e diabete. La causa precisa della sindrome metabolica non è nota anche se esistono evidenze di come alcuni fattori genetici, la presenza di una eccessiva quantità di grasso corporeo, specie a livello dell’addome, e lo scarso esercizio fisico contribuiscono allo sviluppo di tale condizione.
La sindrome metabolica viene diagnosticata quando sono presenti tre o più dei seguenti fattori di rischio:
- elevata quantità di grasso addominale, valutata mediante la misurazione della circonferenza della vita con valori considerati patologici se superiori a 94 cm nell’ uomo e superiori a 80 cm nella donna;
- livelli di trigliceridi superiori a 150 mg/dL e livelli di colesterolo HDL (il cosiddetto “colesterolo buono”) inferiori a 40 mg/dl nell’uomo e 50 mg/dL nella donna. Tali livelli sono associati all’obesità e il dimagrimento tende a riportarli a livelli normali.
- Valori di pressione arteriosa superiori a 135/85 mmHg causati nel paziente obeso dall’aumento delle resistenze periferiche, del tono simpatico, della sensibilità al sodio e dalla ritenzione idrosalina associata alla iperinsulinemia. Il calo ponderale è associato ad una netta diminuzione di tali aspetti patologici.
- Livelli di glicemia a digiuno ≥ 100 e ≤ 126 mg/dL (IFG). L’insulinoresistenza e l’iperinsulinemia, aumentano con l’obesità e con il sovrappeso, diminuendo con il dimagramento ed il ritorno a BMI ideali o prossimi ad esso. L’80% dei pazienti diabetici di tipo 2 è obeso. L’aumento di peso può precedere lo sviluppo del diabete di tipo 2 o può coincidere con esso ed è stato accertato che il fattore diabetogeno primario è appunto la presenza di tessuto adiposo in eccesso. Di conseguenza la riduzione del grasso corporeo e del peso, unita ad un’attività fisica costante, migliorano il controllo glicemico e le conseguenze del diabete.
Alterazioni del sistema riproduttivo
Tali alterazioni sono associate alla obesità sia nel maschio che nella femmina.
L’ipogonadismo maschile è associato ad aumento del tessuto adiposo, spesso distribuito come aspetto tipicamente femminile; nei maschi con peso corporeo superiore al 160% sono diminuiti sia il tasso plasmatico di testosterone, sia la globulina legante gli ormoni sessuali (SHBG), con aumento relativo degli estrogeni.
Nei soggetti obesi di sesso femminile si notano alterazioni del ciclo mestruale, aumentata sintesi di androgeni, PCOS (sindrome dell’ovaio policistico), anovulazione e sterilità, condizioni spesso risolte con il ripristino del peso normale, quando possibile. In questi soggetti è stato riscontrato anche un aumento di cancro endometriale in post menopausa.
Malattie respiratorie
Negli obesi si osserva ridotta distensibilità della gabbia toracica, un aumento del lavoro respiratorio globale, un aumento del lavoro respiratorio dei muscoli respiratori al minuto, una ridotta capacità polmonare totale. L’obesità severa si accompagna spessissimo alla sindrome delle apnee ostruttive notturne con possibili gravi, a volte mortali conseguenze. Anche tali disturbi migliorano nettamente con il dimagrimento.
Calcolosi biliare
Una persona con 50% di aumento del peso ideale ha una incidenza di sei volte superiore alla norma di avere calcolosi alla colecisti, sintomatica.
Cancro
L’obesità nei maschi è associata ad una più alta mortalità per cancro dell’esofago, colon, retto, pancreas, fegato e prostata. Nelle femmine obese si osserva maggiore incidenza di cancro della colecisti, vie biliari, mammella, endometrio, cervice e ovaio.
Uno studio americano ha stimato che l’obesità è responsabile del 14% dei decessi per cancro negli uomini e del 20% nelle donne.
Malattie ossa e articolazioni
L’obesità aumenta il rischio di osteoartrite- osteoartrosi, sia per il carico meccanico, sia per alterazioni metaboliche (iperuricemia).
Problemi cutanei
Negli obesi si osserva spesso Acantosis nigricans, con ispessimento ed iperpigmenatzione pliche cutanee, spesso associata ad insulino resistenza.